Difendiamo il Liceo classico
Da anni ormai il liceo classico è sotto accusa, anzi, sotto assedio. Infatti dal 2012 l’indirizzo umanistico è in netto calo per numero di iscrizioni, si stima che solo sei studenti italiani su cento si affidano a un percorso di studi che pone al centro le materie umanistiche. Chiaramente in un futuro che vende solo “software” il classico è irrimediabilmente collegato a un’ idea di vecchio e inutile, questo percorso di studi viene visto come cinque anni di sofferenza e studi intesi, sconnessi dalle prospettive lavorative del futuro. Dall’antica prospettiva del liceo classico come fucina di menti illuminate si è passati a vederlo come mostro antiquato e superato che condanna il futuro dei suoi iscritti a facoltà umanistiche.
Come si può puntare sulla conoscenza del passato in un periodo di cambiamenti e innovazione: ebbene sono proprio i greci e i latini a illuminarci, passato è ciò che è finito, che è compiuto e definito quindi perfetto. Chi vuole abolire il liceo classico vede le materie cardine, il greco e latino come materie che di scientifico non hanno nulla, ma scienza, indipendentemente dall’oggetto esaminato, è tutto ciò che richiede osservazione, comparazione, sistematizzazione, speculazione e là dove i dati mancano, proiezione in vanti. Il classico non se la deve vedere solo con lo scientifico, ma soprattuto con il liceo linguistico che dal 2009 ha quadruplicato i suoi iscritti, perché studiare lingue morte se la globalizzazione ci impone l’uso di inglese e spagnolo?
La risposta ironica arriva da un grande intellettuale ormai defunto, Umberto Eco, che in un articolo per l’Espresso scrive mettendosi nei panni di uno studente di lingue <<ora che conosco spagnolo, francese e inglese, di cosa parlerò in tutte queste lingue!?>>. Davide Serra, noto imprenditore nonché finanziatore della campagna elettorale dell’ex premier Matteo Renzi, in un’intervista afferma: <<La cultura umanistica ha fatto il suo tempo…lo dico sempre ai miei bambini: bisogna essere cool, diventare matematici>>. Per rispondere sono di nuovo costretto a citare il grande Umberto Eco che pone un esempio volutamente estremo <<Steve Jobs è diventato quel che è diventato non perché ha progettato degli oggetti che si chiamano computer o tavolette, ma perché ha ideato programmi innovatori che hanno reso i suoi computer più efficienti e creativi. Quindi anche nel mondo della tecnologia, l’avvenire è di chi sappia ragionare in modo da inventare programmi>>. Qui il famoso scrittore fa riferimento alla famosa forma mentis, spesso utilizzata come giustificazione per tanti anni di traduzione, ma che poi si comprende e si assimila.
Chi esce dal classico è accusato di essere inadeguato ai problemi del futuro, di essere inadatto a un modo che è cambiato e di essere confinato alle lingue morte. Più di una volta al Liceo Classico è stato richiesto di rinnovarsi e di modernizza. Inquinando quella che da Nicola Gardini, docente di letteratura italiana presso l’università di Oxford e articolista del “Sole 24 Ore”, definisce una dell’ultime eccellenze italiane: <<Chi esce dal liceo classico conosce la Grecia e Roma e quello che queste civiltà hanno inventano e tramandato e grazie a tale conoscenza sa parlare, sa scrivere, sa pensare, ma soprattutto sa interpretare, mettere in rapporto, relativizzare, confrontare, distinguere, riconoscere il duraturo e l’effimero, dare un nome a fatti diversi, capire la libertà, la bellezza, la varietà e la concordia.>>
Bisogna salvaguardare la scuola che <<prepara alle professioni del futuro>>, citando ancora una volta Umberto Eco.