Cinema in tempi di COVID19: cogliete “L’attimo fuggente”!
“Cogli l’attimo che fugge.
Cogli la rosa quando è il momento,
che il tempo, lo sai, vola,
e lo stesso fiore che sboccia oggi,
domani appassirà.”
L’attimo fuggente ( Dead Poets Society ) è un film del 1989 diretto dal regista australiano Peter Weir. Il film è ambientato nel 1959 in Vermont, dove in un rinomato college maschile viene assunto un nuovo professore di letteratura, John Keating. Keating è un uomo e un professionista fuori dal comune, che insegna la letteratura e la poesia con metodi anticonvenzionali e affascina fin da subito i suoi alunni.
Attraverso la produzione poetica l’insegnante spinge i ragazzi a guardarsi dentro e grazie alla sua esperienza trasmette i veri valori della vita. Molti si appassionano alla poesia, all’arte e al teatro, in particolare sette studenti decidono di riportare in vita la setta dei poeti estinti, club letterario dove poter condividere le proprie produzioni artistico-letterarie, oltre che sentimenti, angosce, pensieri, paure ed emozioni.
Keating inculca nei ragazzi la convinzione che debbano sviluppare il proprio pensiero, che debbano esplorare se stessi e capire cosa davvero desiderano, che debbano combattere per le proprie idee e con queste cambiare il mondo. Grazie anche al tragico epilogo, un destino terribile per uno dei protagonisti e in seguito il licenziamento del professore, questo film scatena una reazione molto forte nello spettatore, che si sente chiamato in causa dall’appello di cogliere l’attimo.
Un monito valido sempre, ancora di più oggi
Il messaggio però non deve essere frainteso, cogliere l’attimo non vuol dire andare di fretta oppure anticipare le cose, precludendosi una crescita che può avvenire solo nel corso degli anni, ma è un monito a non abbandonarsi passivamente allo scorrere del tempo, in attesa di un futuro incerto, nella speranza che sia favorevole. Ogni uomo dovrebbe vivere i propri giorni valorizzando il presente, coltivando ambizioni e plasmando le proprie idee, per non sprecare neanche un attimo di vita, così preziosa eppure così fragile. Il tempo è fugace, tutti prima o poi arriviamo alla fine, ma non conta veramente quanto si è vissuto ma come. Il passato è fondamentale per imparare, perché grazie agli errori commessi possiamo diventare una versione migliore di noi stessi, ma non bisogna mai lasciarsi distrarre da ciò che accade nel presente.
Confidare in qualcosa di migliore è lecito, ma non si dovrebbe mai permettere alla speranza di frenare le proprie ambizioni, poiché il futuro va coltivato e ciò che si desidera può essere ottenuto solo lottando. Il primo passo rimane però guardarsi dentro per riuscire a capire chi siamo veramente e cosa desideriamo, perché è l’avere un obiettivo da conseguire che rende la vita degna di essere vissuta e non una semplice sopravvivenza. Oggi come oggi rimane però sempre più complicato trovare momenti per fare introspezione, poiché viviamo una vita frenetica, dove veniamo continuamente stimolati e incitati a dare il massimo.
Pensare richiede tempo, tempo che non abbiamo, poiché lo impieghiamo in modi che ci sembrano più fruttuosi. La sfera esistenziale e spirituale dell’uomo è ridotta al minimo, se non totalmente nulla. Siamo concentrati su bisogni superflui, non ci accorgiamo dello scorrere inesorabile del tempo e non ci ricordiamo di cogliere il nostro attimo fuggente. Viviamo vite piene di rimorsi per parole non dette e occasioni sprecate, che ci consumano spiritualmente e fisicamente.
Il messaggio del film, ancora attuale dopo ben 30 anni , è perciò lo stesso: se vogliamo che la nostra vita abbia un senso, spetta a noi darglielo.