Recensione di Patch Adams: la felicità non si ottiene con una pillola
Patch Adams è un film del 1998 ispirato ad una storia vera. Narra la storia di un uomo che, a seguito di un tentato omicidio, finisce in un ospedale psichiatrico e nel tentativo di ricostruire se stesso, scopre quello che sarà il leit motiv della sua esistenza: far ridere le persone.
In seguito si iscrive alla facoltà di medicina e tra le corsie degli ospedali intuisce il potenziale terapeutico del sorriso tanto da essere tuttora conosciuto con il nome di “dottor sorriso“.
Credo che non ci sia momento storico migliore per rivedere questo film dalle mille sfaccettature. Mai come oggi abbiamo bisogno di contatti umani che ci trasmettano sicurezza e serenità. Una delle tante scene che mi ha colpito è quella del dialogo con un malato psichiatrico che invitava il giovane Patch a guardare oltre i suoi problemi e a trovare la strada per andare oltre i suoi limiti.
Spesso nella società moderna queste cose si dimenticano. Si è presi dalla frenesia dell’efficienza, dal desiderio smodato si allungare la vita più che migliorare la sua qualità coltivando rapporti umani degni di questo nome.
Nel film mi ha colpito il modo in cui il dott. Adams si approcciava i suoi pazienti chiamandoli per nome e instaurando con loro un rapporto personale. Li sapeva ascoltare e capire, li faceva divertire e soprattutto guarire dalla tristezza.
Questo film ha un significato vero e profondo in cui tutti si possono immedesimare… e il tutto si può riassumere in una delle sue battute più celebri:
“La felicità non si ottiene con una pillola, la vita è un privilegio.”