1 febbraio 1945: voto alle donne

diritto di voto alle donne

Il voto alle donne in Italia

Il 1° febbraio 1945 viene pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il decreto legislativo n. 23, che riconosce alle donne italiane di almeno 21 anni di età il diritto di voto.

Il 30 gennaio 1945, infatti, tra gli argomenti in discussione presso il Consiglio dei Ministri c’era stata anche la questione del voto alle donne. La maggioranza delle forze politiche era stata favorevole all’estensione del diritto di voto.

A firmare il provvedimento era stato il Presidente del Consiglio, Ivanoe Bonomi. Ma la decisione era stata fortemente voluta da Palmiro Togliatti, Vicepresidente del Consiglio, e da Alcide De Gasperi.

Si tratta di una scelta validissima, fatta da nuovi dirigenti che hanno l’enorme vantaggio di conoscere e sentire più direttamente i bisogni immediati dei singoli e delle famiglie. La richiesta proviene dalle donne del Partito Comunista Italiano e della Democrazia Cristiana, e da associazioni come l’Unione donne italiane e il Centro italiano femminile. 

La prima occasione per le donne di esercitare il diritto di voto attivo e passivo, ossia la possibilità di votare e di essere votate, arriva l’anno successivo: nel 1946 si svolgono due tornate elettorali amministrative per il rinnovo di oltre 7.000 comuni. Le donne elette furono circa 2.000 nelle assemblee locali, di cui due alla carica di sindaco.

Le uniche ad essere escluse dal diritto di voto attivo saranno le donne citate nell’articolo 354 del Regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, cioè le prostitute. Le donne in realtà avrebbero votato ciò che gli uomini di famiglia avrebbero consigliato loro. Fino ad allora, comunque, potevano votare solo gli uomini, ed erano questi ultimi a decidere le regole che avrebbero dovuto rispettare anche le donne.

Il valore aggiunto del voto alle donne

Il percorso per arrivare al suffragio universale, cioè arrivare a stabilire chi governa attraverso il voto sia degli uomini che delle donne, è un percorso lungo – e non ancora concluso in molte parti del mondo – che aveva cominciato a dare i suoi frutti non molti anni prima. Infatti il primo paese che aveva introdotto il suffragio universale era stata la Nuova Zelanda nel 1893, poco più di 50 anni prima dell’Italia, e poi tanti altri paesi si erano aggiunti.

Il suffragio universale maschile e femminile fu una grande vittoria della democrazia, giacché una forza politica nuova venne immessa nella vita nazionale. Una ventata di sano buon senso è entrata sicuramente nella vita politica, e nella vita amministrativa è entrato con le donne un maggior spirito di concretezza.

Oggi come non mai abbiamo bisogno di buon senso e concretezza. 

 

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