Anatomia – Tra orrore e scienza
Tra orrore e scienza: il Museo di Anatomia Patologica dell’Università di Roma
Vi siete mai chiesti in che modo le malattie e l’ambiente sono in grado di modificare il nostro corpo e i nostri organi? Avete mai visto gli effetti del fumo di sigarette su un polmone o l’incredibile “fusione” di corpi di due gemelli siamesi? Se la risposta è “no”, allora vi consiglio di visitare la collezione di Anatomia Patologica dell’Università di Roma, un viaggio nel corpo umano… che cambia!
Sicuramente le due classi del quarto scientifico e del classico del nostro Istituto in questa uscita didattica hanno vissuto un’esperienza mista tra meraviglia e sgomento. Per molti di noi non è stata solo oggetto di grande curiosità, ma anche la possibilità di essere orientati verso future professioni, permettendoci di comprendere come l’anatomia patologica svolge un ruolo fondamentale per la pianificazione di eventuali terapie mediche o chirurgiche in quanto consente di fornire diagnosi su tessuti o cellule prelevate da pazienti in cui si sospetta una malattia. L’indagine anatomopatologica infatti, branca specialistica della medicina, studia le malattie umane mediante l’esame macroscopico degli organi, o microscopico dei tessuti e delle cellule. Permettendo così di distinguere tra tessuti normali, infiammazione, tumori benigni e maligni e altre condizioni patologiche.
Le “raccolte”
Le “raccolte” che abbiamo potuto vedere rappresentano oggi un patrimonio straordinario perché sono concepite come materiale didattico per indagare l’origine e la natura dell’essere umano. Ma i Laboratori di Anatomia Patologica forniscono anche una testimonianza importante per comprendere come in passato le informazioni sui fenomeni biologici, e soprattutto i loro aspetti morfologici, venissero trasmesse esclusivamente attraverso le arti grafiche o la parola. Nella loro qualità di collezioni biologiche di esemplari, esse rappresentavano un unicum per lo studente e per il curioso della natura per avvicinarsi ai fenomeni del corpo; tramite la dimostrazione di quadri morbosi e di reperti patologici provenienti da riscontri necroscopici, esse garantivano un efficace modello didattico, perché consentivano di evitare le dimostrazioni teoriche e di impostare l’insegnamento su dimostrazioni pratiche.
Sebbene siano state create per lo più nel XIX secolo con finalità didattica e approccio scientifico, le collezioni di Anatomia Patologica mantengono ancora oggi, in qualche modo, il fascino e la vocazione delle Wunderkammer, ovvero di quelle “camere delle meraviglie” che raccoglievano collezioni di oggetti straordinari per le loro caratteristiche intrinseche o esteriori.
La raccolta degli esemplari anatomici che compongono il Museo di Roma fu iniziata alla fine dell’800 da Ettore Marchiafava e trovava collocazione nell’Ospedale S. Spirito, sede delle attività della Facoltà medica della Sapienza. La raccolta originale, portata nell’attuale sede del Policlinico Universitario, andò quasi completamente distrutta durante il bombardamento di San Lorenzo (marzo 1944) e ne fu riavviata la ricostruzione nel 1950, sotto l’impulso di Antonio Ascenzi. Da allora, la collezione museale si è arricchita con la documentazione di malattie che andavano via via modificandosi o che hanno fatto un’inedita comparsa come l’AIDS.
Il Museo dispone attualmente di un’ampia raccolta di campioni anatomopatologici, di provenienza autoptica e chirurgica. La casistica più completa e interessante è quella di Patologia Cardiovascolare, ricca, tra l’altro, di circa 900 cardiopatie congenite.
Un po’ di storia dell’Anatomia Patologica
Il più antico studio sistematico noto di anatomia è contenuto in un papiro egizio databile attorno al 1600 a.C. Esso rivela la conoscenza, da parte degli scienziati del tempo, della struttura dei visceri, ma non della loro funzione. Più o meno lo stesso grado di conoscenze si riflette negli scritti di Ippocrate, un medico greco del V secolo a.C. Nel IV secolo a.C., Aristotele ampliò molto le conoscenze anatomiche sugli animali. Tuttavia, il primo progresso che conferì all’anatomia umana il rigore di una disciplina scientifica venne compiuto nel secolo seguente dai medici greci Erofilo ed Erasistrato che, sezionando cadaveri, furono i primi a distinguere molte funzioni, tra cui quelle del sistema nervoso e dell’apparato muscolare. Gli antichi romani e gli arabi compirono scarsi progressi in questo campo.
L’anatomia moderna
La storia dell’anatomia moderna inizia nel Rinascimento, con la pubblicazione, nel 1543, dell’opera dell’anatomico belga Andre Vesalio. Prima della pubblicazione di questo trattato, gli anatomici basavano le loro conoscenze sugli scritti di scienziati vissuti più di mille anni prima, come quelli del medico greco Galeno, che peraltro si era limitato alla dissezione e all’osservazione di organi animali. Vesalio e altri anatomici del Rinascimento fondarono, invece, le loro opere sull’osservazione diretta di cadaveri, ponendo così le basi dell’anatomia moderna. In età moderna in Italia il suo fondatore è generalmente considerato, il medico forlivese Giovanni Battista Morgagni.