Il basket e le disabilità, come rinascere

Di recente, nell’Istituto Salesiano Villa Sora, si è svolto l’incontro tra i ragazzi dei terzi anni e i paratleti di basket in carrozzina del Santa Lucia Basket Roma. L’incontro è finalizzato alla sensibilizzazione dei ragazzi sul tema della disabilità e per conoscere questo sport che nonostante sia praticato a livelli olimpici è poco diffuso tra le persone senza disabilità. Alcuni infatti tendono a considerare negativamente la condizione di disabilità, usandola anche come insulto gratuito e fuori luogo.

Gli atleti: Alessio

L’incontro è stato un dialogo tra i ragazzi e due atleti, Alessio e Mirko. Prima di spiegare effettivamente come funziona lo sport hanno raccontato un po’ di loro. Alessio da piccolo, a seguito di un incidente stradale, ha avuto una lesione midollare che gli ha fatto perdere la sensibilità dalla parte finale del tronco in giù e quindi ancora oggi, a 27 anni è in carrozzina. I successivi anni, dopo l’incidente, sono stati difficili ma senza malinconia o rimpianti perché ardeva l’idea di essere ancora vivo e di mettersi in gioco. << Quando accadono queste cose, l’importante è accettare e conviverci, perché se ci si mette a rimuginarci sopra è finita. >> Quando conobbe il Basket, la sua vita cambiò. Oltre ad essere una terapia gli ha dato l’opportunità, non solo di esprimersi e relazionarsi con altre persone come lui, ma anche quella di mettersi in gioco, superare i propri limiti, partecipando a numerosi tornei sempre più importanti e impegnativi come l’Europa League.

Gli atleti: Mirko

L’altro atleta Mirko, a differenza di Alessio, ha una lesione permanente ma meno grave. Ha 47 anni e diversi anni fa è rimasto coinvolto in un incidente con la moto, danneggiandosi il nervo sciatico e perdendo in parte la sensibilità delle gambe. Dopo molti anni di riabilitazione, costanza, impegno e sforzo è riuscito a camminare di nuovo senza sostegni, ma rimane comunque faticoso. Ha mostrato come riesce a alzare la gamba su e giù, ma il piede non lo riesce a muovere. Anche lui ha immediatamente accettato la cosa, felice di essere ancora vivo e facendosi forza.

Grazie all’incidente ha conosciuto sua moglie con cui ha messo su famiglia, quindi da una esperienza negativa è riuscito a trasformarla in un qualcosa di positivo. Ha praticato diversi sport per la riabilitazione, ma quello che gli è piaciuto di più è stato il basket. Infine si è fatto forza e dopo molto tempo è anche tornato a guidare la moto senza paura, perché non bisogna mai rinunciare alle proprie passioni, neanche dopo un brutto evento.

Il Basket in carrozzina, storia di uno sport.

Le origini del basket in carrozzina risalgono al 1946, quando i giocatori americani professionisti del basket, feriti durante la Seconda guerra mondiale, tornarono a casa. Il loro desiderio più grande era continuare a giocare, perciò adattarono il loro sport più amato alle loro nuove esigenze. Già prima nel 1944 erano stati fatti degli studi e degli esperimenti per adattare questo sport, il basket, e usarlo come terapia. In seguito il basket in carrozzina fu proposto nei primi Giochi paralimpici nel 1948, e dato il positivo riscontro durante gli anni cinquanta il basket in carrozzina comincio a diffondersi così come lo conosciamo. Il Santa Lucia Basket Roma fu la prima palestra ad aprire a Roma.

Il basket in carrozzina, come funziona lo sport ?

Il basket in carrozzina è uno degli sport adattati più fedele alla sua versione originale. Le dimensioni del campo, l’altezza del canestro, la posizione della linea dei tre punti, la durata della partita e la palla sono le stesse che nel basket olimpico. Un grande elemento distintivo rispetto al Basket tradizionale è quello dei “passi” e i “doppi”. Infatti il giocatore con la palla non la può far rimbalzare per più di due volte senza passarla o tirarla. Fare il terzo rimbalzo è, quindi, fallo e il giocatore viene sanzionato per questo. Inoltre una spinta corrisponde a un passo. Come nel basket tradizionale ci sono molti modi di compiere falli, come quello di far ribaltare la carrozzina. Ci sono anche diverse strategie di gioco come il “pick e roll” che crea una situazione di due contro uno. Per chiunque voglia maggiori approfondimenti lascio il link del sito della FIPIC, federazione italiana pallacanestro in carrozzina.

Il basket, uno sport di squadra

La cosa più rilevante delle squadre di basket in carrozzina è la parità e il rispetto. Questo aspetto emerge in due fattori principali. Il primo è che è un sistema che permette che non ci sia uno sbilanciamento rispetto all’altra, perché ha giocatori con meno mobilità. Ad ognuno viene assegnato un grado di disabilità, da 1, che il più grave a 4,5. Quindi nelle squadre il punteggio complessivo non può mai superare i 14,5 punti. Il secondo fattore è quello che le squadre posso essere miste, sia maschi che femmine, e quest’ultime hanno i gradi di disabilità abbassati di 1,5. Quindi ad esempio se una donna ha come grado 3 corrisponde ad 1,5.

Ci sono casi in cui anche persone senza disabilità praticano questo sport ma non possono giocare in serie A. Le divise del Santa Lucia Basket sono due. Una gialla con i lati blu, per la casa e una blu con i lati gialli per la trasferta. Come ogni atleta professionista Alessio e Mirko devono allenarsi. Sia fare sollevamento pesi, sia esercitare le gambe per evitare l’atrofizzazione dei muscoli. Devono ovviamente allenarsi anche con la squadra, una ora e mezza, due o tre volte alla settimana.

La carrozzina che ruolo ha ?

La carrozzina ha un ruolo fondamentale perché è il mezzo grazie al quale avviene lo sport. Poichè il costo è elevato ( dai 5000 ai 10.000 €) nella maggior parte dei casi o si compra in proprio o la fornisce la squadra. Inoltre ci sono diversi tipi. Principalmente cambia lo schienale. Più la lesione è alta, come nel caso di Alessio più lo schienale sarà alto, perché deve avere la funzione dei muscoli del busto, quella di reggere il tronco. Invece se la lesione è bassa e quindi i muscoli funzionano, lo schienale sarà molto basso, quasi inesistente, come nel caso di Mirko. Ovviamente i giocatori sono legati alle carrozzine per motivi di sicurezza.

Le disabilità ieri e oggi

Entrambi ci hanno detto come la loro vita, non sia cambiata quasi per niente, sfatando un po’ il mito che le persone con disabilità non posso fare quasi nulla. Loro per fortuna vivono in un’epoca in cui si sta cercando di integrare tutte le persone nella società perché dopo millenni ci si è finalmente resi conto che la disabilità non cambia l’essenza di una persona. Fino a pochi decenni fa, chiunque avesse avuto una qualche problematica era segregato in casa, perché ritenuto un mostro. Oggi sono aumentati gli sforzi per rendere il mondo più accessibile e a portata di tutti, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche. Lo dimostrazione di ciò sono i costanti fondi che la società moderna mette a disposizione per abbattere ogni barriera architettonica. Ma la barriera più grande da abbattere è quella dell’ignoranza.

La rinascita

Alessio e Mirko hanno raccontato le loro esperienze di gioco, dall’ansia che hanno avuto durante la partite importanti, come tutti, a come si crei un senso di famiglia e stima reciproca tra i membri della propria e delle altre squadre. Cosa non scontata, perché molti degli atleti senza disabilità a volte sono molto più schivi e irrispettosi nei confronti dei loro compagni di gioco. Quindi il basket così come tutti gli altri sport paralimpici diventano il mezzo con cui rinascere essendo consapevoli che non bisogna mai arrendersi e trasformare quello che ci succede in opportunità e non in maledizione e piangerci sopra. Mirko e Alessio ci hanno raccontato le loro storie facendoci immergere in una realtà fatta di amici, successo e soprattutto fiducia in se stessi. Mi vengono in mente le frasi più emblematiche di questo concetto pronunciate da altri due paratleti italiani molto famosi, Alex Zanardi e Manuel Bortuzzo che dicono:

Ho guardato avanti e ho cercato tutte le cose più belle che potevano esserci e che mi aspettano e sono molto di più di quelle brutte che ho passato. Sicuramente l’essere atleta mi ha aiutato a guardare avanti, a reagire così. Adesso combatto contro me stesso, contro il tempo, come ho fatto sempre in acqua”.

-Manuel Bortuzzo-

Nella vita capita anche che, abbassando lo sguardo per cercare ciò che hai perso,
scorgi qualcos’altro che vale la pena raccogliere
“.

-Alex Zanardi-

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