Il cuore della felicità – II parte

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Rimasi meravigliata nel vedere che quel castello non aveva mura difensive, fossati o altre forme di difesa, così chiesi a Moo: “Ma qui da voi non si usano le mura difensive?” L’elfo mi guardò disgustato: “Ma scherzi? Qui a Leontopia regna la pace. Gli umani vivono in armonia con gli animali e le creature fantastiche. Non si fa la guerra e non ci servono le feritoie e gli arnesi da guerra. Qui siamo tutti felici, o quasi…”
Mi chiesi perché avesse aggiunto quel quasi e vidi che voleva aggiungere dell’altro ma fu interrotto. Infatti dietro alle sue spalle arrivò la figura di un giovane prode e coraggioso, aitante e sicuro di sé. Si inchinò e si presentò afferrandomi le dita e sfiorandole con le labbra. Poi ci disse: “Io sono Taron il Grande, principe di Leontopia. Ti stavamo aspettando
Emily.” Charlotte si sentì esclusa e io ne fui quasi contenta, era il principe delle favole …

Ci invitò ad entrare nel castello personaggi simili a Moo lavoravano in qualunque mansione. La sala dove ci fecero accomodare era immensa, aveva un tetto altissimo tutto decorato d’oro e le pareti ritraevano scene di banchetti e di balli gioiosi in cui le creature fatate vivevano in armonia con gli uomini. Ci sedemmo in una tavola lunga e larga , di legno di ciliegio intarsiato da ricami floreali. Gli elfi ci offrirono da bere e da mangiare e io e Charlotte gradimmo molto quei biscottini alla marmellata di fragole e mirtilli. Poi, dopo i convenevoli, Moo e il principe arrivarono al sodo.
Taron ci fece strada in una sala immensa, ma più piccola della prima. Questa sala aveva tende rosse e bordeaux con cordoni dorati per legarle. I tendaggi ricoprivano grandi finestre che affacciavano sul panorama. Il salone era piuttosto buio, c’erano quattro divani, tutti damascati, decorati in modo minuzioso con fili dorati che formavano disegni floreali. Ci sedemmo e il principe ci spiegò: “Leontopia è un paese magico e, come
tutte le magie, ha bisogno di essere alimentata. Molti anni fa mia madre, la regina, aveva una pietra magica che le permetteva di alimentare la magia, le fu rubata da un perfido mago e ora la pietra è andata persa.”
Moo ci porse una mappa apparentemente normale, che però mostrava delle parti sgretolate.
“Questa è la mappa del Regno, lo sgretolamento che notate è dovuto alla perdita della pietra. Infatti Leontopia scomparirà se non riprenderemo la pietra magica, il cuore della Felicità, e la rimetteremo nel suo scrigno fatato.”
“Scusate, ma non riesco a capire cosa c’entriamo noi?”
“Voi siete state scelte per recuperare la pietra. Moo vi mostrerà le armature e i cavalli, vi donerà degli oggetti magici e vi illustrerà dove si trova la pietra. Verrà con voi e vi farà da guida.”
Io e Charlotte non sapevamo cosa dire, avevamo però voglia di sapere se la pietra fosse davvero così magica e ci sentivamo in dovere nei confronti dei cittadini del regno. Andammo a prepararci.
A me fu data un’armatura d’argento, tutta decorata, mentre a Charlotte diedero una piccola armatura di colore bianco lucido. I cavalli erano splendidi, il mio aveva i crini intrecciati in moltissime treccioline. Moo ne tagliò una e me la legò al polso.
Partimmo. Il viaggio fu lungo e per la strada incontrammo tante di quelle creature che ne ho perso il conto. Una in particolare mi piacque molto. Era una fatina del lago, aveva una capigliatura folta e bionda e due vispi occhi azzurri. Era una fata dall’animo dolce e gentile. Arrivammo davanti alla tana del mago, che si chiamava Curtis. Non fu difficile togliergli la pietra.
Lottammo per poco, poi Moo mi consegnò una spada con una lama lucente, con un solo colpo e un bagliore che quasi mi accecò il mago scomparve e ne rimase solo cenere. Sopra quel cucuzzolo di fuliggine scura era adagiata una pietra luminosa. Brillava come un diamante e ne rimasi stregata. Prendemmo la pietra e la riportammo al palazzo. Fummo
accolti da un lungo corteo di applausi e grida di gioia e rimettemmo a posto la pietra nel suo scrigno, durante un’elegante cerimonia organizzata da Taron. Al termine della festa il re ci chiese se avevamo voglia di riposare e noi accettammo. Ci adagiammo sul divano della sala con le tende di scarlatte e ci addormentammo felici, ripensando alle nostre
avventure.
“Emily, Emily, è tardi. Se non ti svegli arriveremo quando la lezione di
danza sarà già finita.”

Aprii gli occhi e vidi Charlotte sul divano accanto a me. La guardai stupita. Mi sembrava di aver fatto molte cose mentre invece era trascorsa soltanto un’ora. Chiesi a Charlotte se ricordava qualcosa, ma mi guardò in modo strano , sembrava che non capisse a cosa mi stessi riferendo.
Forse aveva ragione, era stato solo un sogno, eppure sembrava così reale.
alzai il braccio e vidi che avevo ancora al polso quel braccialetto di crini argentati.

 

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