La riscossa del cambiamento climatico
Nel 2018 hanno preso vita, per le strade di innumerevoli città, movimenti di ragazzi che protestavano contro il cambiamento climatico e contro quello che i governi non facevano, questi erano i ragazzi dei Fridays for future. Ma oggi, ormai da più di un anno, che fine hanno fatto? È cambiato qualcosa? I governi si sono accorti di questo cambiamento annunciato precedentemente dagli scienziati e poi da milioni di ragazzi?
Purtroppo questa pandemia di sars-cov2 ci ha rinchiusi tutti dentro casa, compresi ovviamente i Fridays, ma è stata la pandemia stessa a far aprire ai governi di tutto il mondo, specialmente quelli dei paesi più ricchi poiché ne ricaverebbero più vantaggi: bisogna fare un’inversione di marcia ad U, altrimenti si incomberebbe in danni irreparabili; in questo caso non si potrà più combattere per un futuro sostenibile.
Per far capire concretamente il pericolo di questo cambiamento climatico basti portare l’esempio di Venezia che in un prossimo futuro potrebbe essere completamente sommersa dall’acqua e noi perderemmo tutto il suo immenso patrimonio culturale e sociale.
Fortunatamente anche il governo italiano, con la nuova amministrazione Draghi, ha aperto la strada alla cosiddetta politica green. Mario Draghi, attuale premier italiano, nel suo discorso alla camera ripetuto anche al senato, ha detto che non si può lasciare alle future generazioni (che saremo noi) una buona moneta se poi la si deve spendere in un pianeta devastato e invivibile.
Con questo commuovente discorso, che aveva anche altri scopi politici, Draghi ha aperto quella che si può definire una lotta culturale: un percorso che si divide fra le scelte per uscire dall’emergenza sanitaria e quelle per lanciare la transizione socio-ecologica. Attenzione però: non si tratta di una questione di ideologia e di pro e contro, ma di un confronto utile a dare la giusta direzione di marcia alla scelta ecologista.
Basterebbe pensare a come la rivoluzione energetica sia stata presentata come un passaggio dalle risorse fossili a quelle rinnovabili, dimenticando che il 50% dei consumi sono sprechi che potrebbero essere eliminati garantendo gli stessi servizi.
Inoltre basterebbe pensare la transizione come un fatto di tecnologie che riducono al minimo i bisogni di partecipare ai cambiamenti.
Bisogna rendere consapevole la popolazione con un protagonismo sociale organizzativo, il clima non potrà cambiare se la società rimane quella che è attualmente! Dobbiamo dimostrare concretamente che siamo tutti quanti in grado di poter garantire un futuro certo alle nostre future famiglie e non rendere il cambiamento climatico solo una conversazione. Senza una consapevolezza e un consenso diffuso nella comunità, la transizione ecologica rischia non solo di rimanere e consolidarsi come utopia ma diventerebbe anche un privilegio di pochi eletti.
Rifacendoci quindi alle parole del filosofo seicentesco Francesco Bacone, “sapere è potere“, e ricordando che la tecnica porta ad approfondire le conoscenze e a renderle concrete, dovremmo concretizzare la svolta per il cambiamento climatico per avere un giorno una moneta da spendere in un pianeta vivibile e vissuto.
Tutti noi dobbiamo dare vita al cambiamento climatico ed elevarlo dalla solita conversazione che è ancora: la riscossa del cambiamento spetta a noi e saremo noi a vivere in un pianeta devastato che oggi non avevamo voglia di aiutare.