Perché studiare il greco antico: è davvero una lingua “morta”?
Perché studiare il greco antico? Viviamo in un mondo globale, interattivo,
Il coraggio di osare
La capacità di sognare era affidata ai loro poderosi intelletti, che nella natura vedevano un alleato o un avversario, ma comunque un compagno di viaggio. È così che in quell’epoca per certi versi bui, come amano definirla numerosi studiosi, il Medioevo dell’Antichità, nacque l’uomo. Nacque con un atto poderoso: il coraggio di osare. La voglia indomabile di conoscere, di elevare la propria vita, di immaginare un mondo che andasse oltre la mera sopravvivenza. È questo il significato del viaggio più famoso della storia dell’umanità: l’Odissea,ovvero la celebrazione dell’astuzia umana posta al centro del sistema di valori creato dal mondo greco. Perché l’importanza di quel mondo è costituita innanzitutto nell’immagine che oggi dà di se stesso, e di tutti noi. La Grecia fu una provincia relativamente trascurabile da un punto di vista territoriale. Eppure da essa parte il primo esempio di globalizzazione della storia dell’umanità. Come poté un territorio così marginale, montuoso e impervio, stabilire un potere tanto vasto sul resto dell’umanità?
A farlo non furono poderosi eserciti, che certamente a momenti alterni non mancarono, bensì il potere di una cultura. Il potere dell’uomo razionale. Spinti dall’inospitalità di quelle terre, quegli uomini cominciarono a rivolgere il loro sguardo oltre i limiti che la natura imponeva loro: verso il cielo e, soprattutto, verso il mare. Quest’ultimo divenne il principale alleato dell’uomo e il simbolo della sua astuzia, in grado di piegare le asperità della natura al proprio volere. Quei solitari navigatori in cerca di benessere, paradigma della storia di un uomo a noi fin troppo conosciuta, toccarono le nostre coste, quelle occidentali ed orientali del Mediterraneo, creando una vasta società marittima basata sul commercio. Nasce così la nostra civiltà. Quella occidentale.
Un popolo dalla incredibile immaginazione
Dove non furono in grado di spingersi con le loro navi, quegli uomini andarono con l’immaginazione. È così che nascono le prime teorie su ciò che doveva esserci oltre le misteriose Colonne di Ercole, dove nessun uomo aveva mai osato spingersi. Ed è così che cominciarono ad osservare la natura che li circondava: inventarono la filosofia, la matematica (che ripresero da altri popoli,come gli Egizi,portandola ai massimi livelli prima dell’età moderna), fissarono i canoni dell’architettura e dell’arte, ancora oggi alla base delle massime espressioni del genere umano. Studiando i Greci, si scopre come molte delle scoperte che consideriamo “nostre”, come osservatori moderni, fossero in realtà ipotesi o certezze già ben note millenni di anni fa: Pitagora dedusse che alla base della natura stava la matematica, che fissava in leggi precise l’intero universo; Euclide,con la forza delle sue osservazioni, intuì i principi della geometria; Archimede quelli dell’idraulica; Democrito arrivò pensino ad ipotizzare che tutto ciò che è presente in natura sia composto di atomi, dalla cui aggregazione dipende la nascita dei pianeti e di tutte le cose. Altri studiosi intuirono la rotazione dei pianeti attorno al Sole, la sfericità della Terra: lo fecero con dei calcoli matematici, senza appellarsi a forze occulte che non potessero essere verificate.
Una tecnologia antica
È in tal senso che possiamo considerare i Greci i veri fondatori della scienza. Pensate che arrivarono persino a costruire una sorta di computer, la prima macchina computazionale della storia dell’umanità, che era in grado di prevedere fenomeni astronomici e di definire l’andamento dei calendari. Addirittura arrivarono anche ad inventare una sorta di distributore automatico per i templi, azionato con l’inserimento di una moneta, che innescava l’entrata in azione del vapore, un po’ come funzionano oggi le pale eoliche. Questi sono solo alcuni esempi dell’acume e dell’importanza che la civiltà greca raggiunse. Con l’avvento di Alessandro Magno e del suo immenso impero la cultura greca raggiunse dei livelli mai toccati da nessun’altra consociazione umana in precedenza: potremmo definire il modello ellenistico, come viene chiamata la cultura grecizzante che andò ad instaurarsi dall’India alla Persia, dall’Egitto all’Italia, come una sorta di protoglobalizzazione, per coniare un nuovo termine. Pensate che in quei secoli prima della nascita di Cristo, tutti parlavano il greco, un po’ come oggi noi facciamo con l’inglese. Per secoli la lingua greca è stata il collante di popolazioni che non avevano quasi nulla in comune. E ancora sotto l’Impero Romano, all’epoca di Gesù, il greco affiancava il latino nella comunicazione di tutti i giorni.
Graecia capta ferum victorem vicit (la Grecia, conquistata, conquistò il feroce vincitore, Orazio)
A Roma si era diffusa una vera e propria moda, che crebbe costantemente lungo tutta la storia antica della nostra città, che consisteva nell’educazione in lingua greca e nel gusto per lo stile di vita orientale. Questo stile di vita arrivò a forgiare ogni settore della vita dei Romani: dalla religione alla moda, fino alla politica. Politica. Questa è peraltro una parola dalla chiara radice greca. Essa viene da polis, il nome greco che indicava la città. La città contrapposta alla barbarie della chora, la regione agricola che circondava il centro abitato. Per i Greci lo status di polis non era dato dalla semplice popolazione o dalla vastità di un centro abitato. L’idea di polis era più che altro quello che in termini anglosassoni definiremmo uno “state of mind”, uno stato d’animo. Sì perché la vita della città greca ruotava attorno ad una piazza detta agorà, che era in realtà il simbolo della pubblica dialettica e della vita politica esercitata dai cittadini. Qui si svolgevano le transazioni economiche, gli incontri pubblici e privati, i comizi. In Grecia per la prima volta si afferma l’idea dell’importanza della persuasione. Per la prima volta si arriva ad affermare la totale immoralità delle leggi non scritte basate sulla brutalità e sull’uso della forza, che per secoli erano state il punto focale attorno al quale era ruotata la vita degli uomini. L’uomo ha il diritto di esprimere la propria idea senza essere soverchiato dalla forza delle armi.
Non dobbiamo intendere la democrazia greca come una democrazia in senso moderno. Sarebbe un grave errore. Anche ad Atene, che raggiunse l’apice dello stile di vita democratico greco, vi erano precise limitazioni al diritto di voto. Certamente non erano considerate parte dei cittadini le donne, gli esponenti delle classi meno agiate e coloro che abitavano al di fuori delle mura cittadine. Per la prima volta tuttavia viene proposto un modello politico alternativo. Lontano dalle satrapie orientali, vere e proprie dittature diffuse in tutto l’Impero Persiano. Quel modello sarà ripreso in senso stretto solo nell’Ottocento. Penso che questo basti a dimostrare la lungimiranza di quello che possiamo a pieno titolo definire come uno dei popoli più influenti nella storia dell’umanità.
Una lingua dalle mille sfaccettature
Allora veniamo allora al dunque. Perché oggi è importante studiare il greco? Cosa può darci una lingua che oggi non viene più parlata? La nostra è una società improntata alla scienza e alla tecnica. Quella tecnica e quella scienza di cui i Greci sono fondatori. Per molto tempo si è pensato erroneamente di dover contrapporre la cultura scientifica a quella classica. Da parte mia, non posso far altro che notare una più che completa complementarità. Ai fini della conoscenza scientifica, si pone il processo logico che sta alla base della comprensione di una lingua fortemente strutturata come quella greca, fatta di casi e rigide regole grammaticali. Per la sua complessità, in ambito europeo, potremmo paragonarla ad una versione più complessa del tedesco. In effetti, il processo di traduzione di una lingua avente una tale complessità, è prettamente logico scientifico. Diversi studi hanno certificato che le aree del cervello che si attivano nel corso di una traduzione dal greco o dal latino sono le stesse che vengono messe in moto durante la risoluzione di un problema di matematica. Lo studio di una delle due discipline non esclude dunque l’altro: in entrambi i casi, si va a porre in atto un lavoro di potenziamento di quell’area della corteccia cerebrale finalizzata all’elaborazione di dati in modo logico.
Il greco antico e il mondo del lavoro di oggi
Oltre a questa spiegazione di carattere scientifico, l’importanza del greco nel mondo moderno è testimoniata anche da una interessante tendenza che va manifestandosi nel mondo del lavoro anglosassone: proprio in virtù delle evidenze presentate da queste ricerche, lo studio del greco o del latino viene considerato un importante requisito in grado di testimoniare le capacità logiche del lavoratore. È così che, inaspettatamente,negli ultimi anni, anche grandi multinazionali hanno deciso di accordare un preciso valore aggiunto a coloro che hanno studiato una di queste due lingue, in un mondo come quello anglosassone dove lo studio del greco è ancora poco diffuso.
Il mercato va oggi verso un elevato gradiente di specializzazione del lavoro: maggiore è il grado di specializzazione raggiunto dal lavoratore, più uniche saranno le sue competenze e di conseguenza più elevato sarà lo stipendio. Se la conoscenza di lingue come lo spagnolo o il francese, per quanto fondamentale, è oggi piuttosto diffusa (soprattutto all’estero), la conoscenza del greco o del latino è cosa ben più rara: questo costituisce perciò un valore aggiunto per quelle aziende che, come detto, vedono nello studio di queste cosiddette lingue morte una testimonianza della capacità di problem solving del lavoratore. È dato noto che le aziende sottopongono gli aspiranti dipendenti a prove anche di carattere logico e di cultura generale. Ecco che improvvisamente il greco potrebbe rivelarsi un fondamentale alleato nei colloqui di lavoro, specialmente in caso di aziende estere.
Memoria e ricostruzione etimologica
Lo studio del greco è anche prettamente mnemonico, soprattutto nelle prime fasi: è indubbio che un suo studio accurato, soprattutto in giovane età, quando le capacità di apprendimento sono ancora in via di definizione, costituisca un rilevante esercizio di memoria per chiunque. A questi fattori si aggiunge un obiettivo vantaggio nella capacità di ricostruzione etimologica, ovvero nel saper risalire alla radice di una parola anche senza conoscerne il significato: è così che attraverso lo studio del greco l’intero vocabolario di discipline quali la medicina, la filosofia o la storia dell’arte, spesso vera spina nel fianco di numerosi studenti universitari non avvezzi a terminologie specifiche, risulta di facile accesso allo studente o all’osservatore esterno.
Questo aspetto vale anche nello studio delle lingue estere: conoscere il greco è una base fondamentale per comprendere in modo molto più veloce le lingue moderne, specialmente il vocabolario più tecnico. L’alfabeto russo, inoltre e a titolo di esempio, è di diretta derivazione da quello greco, e risulta facilmente accessibile a chi abbia una sua conoscenza. Solo per testimoniare l’impatto della lingua greca sugli idiomi moderni. Come potrete ben notare, le motivazioni sin qui addotte sono di carattere prettamente scientifico, senza osservazioni che cadano nel campo del soggettivo o dell’opinabile. Questo pone un evidente relazione tra il mondo della scienza e la nostra lingua morta per eccellenza. A tutto ciò si aggiunge la conoscenza del passato e delle radici della nostra cultura: oltre a costituire un incommensurabile fattore di piacere personale( il poter leggere,cioè, capolavori della letteratura mondiale e penetrare nel significato delle parole utilizzate), questo è anche un grande valore aggiunto per il bagaglio culturale della persona.
L’esperienza dei Greci è l’esperienza di tutti noi
Che si faccia attenzione: la conoscenza del passato fine a se stessa è del tutto inutile. Come già detto, non siamo qui per essere cultori di un passato morto che a noi non dica nulla. Riteniamo il passato importante in quanto vivo, in quanto misura d’azione del presente e base per la costruzione del futuro. Se lo studio del greco venisse privato della sua dimensione scientifica e tesa verso il futuro, si farebbe un grande torto prima di tutto alla mentalità dei Greci stessi. Una mentalità costantemente tesa verso il progresso, fiduciosa nei mezzi dell’uomo, che a ben guardarla, molto si avvicina a quella nostra di contemporanei. È questo il più grande insegnamento dei Greci,che probabilmente molti studiosi anche illustri hanno travisato: il greco è una lingua viva nella misura in cui la viviamo. Il suo studio non deve essere un culto per specialisti innamorati della polvere delle librerie, ma deve aprirsi, aprirsi verso il futuro e verso la gente, perché solo così potremo considerarci veri eredi della mentalità classica.
Il greco è la lingua morta più viva che ci sia: parla a tutti noi ogni giorno, nelle opere d’arte che osserviamo, nella scienza che studiamo, e persino nel mondo del lavoro. Non male per una lingua che ha la pretesa di essere morta.