VOLONTARIAmente.
Tutto è partito da un proposta e da una successiva risposta:”Io sì, io lo voglio fare.”
Non sapevo nulla dell’esperienza che ero in procinto di cominciare, la vedevo un po’ come un’espiazione delle pene: sono stata cattiva, allora vado lì ed elimino tutti i miei peccati con le mie azioni di buonismo.
Per ritagliarsi un angolo di felicità, a volte, non bisogna assecondare il lato sinistro di noi, quello che esercita egoismo: talvolta è necessario colmare i propri spazi vuoti con i sorrisi altrui, con la felicità degli altri. Il volontariato è questo. Mettersi al servizio di chi ha bisogno, imparare i piccoli gesti di persone che sembrano inutili, ma che alla fine servono per mantenere salda la nostra società. La chiamano umiltà quella caratteristica dell’animo che ormai abbiamo perso; loro però no, non hanno perso il loro vero essere umili umani e non si vergognano a dimostrarsi per quello che sono davvero. E’ per questo che ho scelto di fare il servizio alla mensa dei poveri il sabato sera.
Sì, il sabato sera non esco con le amiche per passare del tempo, ma lo faccio per fare del bene. Metto i piedi fuori casa consapevole che conoscerò nuove persone e saluterò quelle che ormai mi è solito vedere da un paio di mesi.
Perchè volontariato non è solo aiutare e fare del bene, è anche sapersi far dare una mano attraverso i piccoli gesti delle persone che sono lì con me, sedute ai tavoli.
C’è chi conserva il cibo per il giorno dopo, chi invece chiede una doppia porzione. Chi si lecca anche le dita e chi abbonda di peperoncino. Chi ti racconta la sua giornata e chi della sua campagna. Chi di suo fratello, chi di sua sorella in un altro paese. Chi ti sorride o chi non ti guarda, chi ti parla di storia e chi ti racconta una barzelletta. Basta un’ora per confondere i ruoli e mischiare le carte in tavola: non c’è nessun ”povero” e nessun ”ricco”. Ci siamo noi e loro, persone e persone. Persone che aiutano donando e persone che ti aiutano avendo ricevuto. E’ un po’ come una catena di montaggio, siamo tutti una grande famiglia legata non da un legame di sangue ma di fratellanza. Come diceva Don Bosco a San Domenico Savio: “sfamare fa rima con amare” ed è proprio questo l’invito che ci viene proposto e che non sempre riusciamo a cogliere: vivere a pieno la carità tutti i giorni. La missione di Don Bosco era una missione da svolgere con i giovani e per i giovani e la ricompensa che egli stesso prometteva era proprio ”pane, lavoro e paradiso”.
Sulla scia di queste parole, il volontariato alla mensa del sabato sera non è affatto una perdita di tempo, bensì è regalare una luce di speranza a chi crede di averla offuscata per sempre.