Chi è don Roberto Berruti, fondatore dell’Oratorio Evviva Maria
Felpa bianca, jeans e scarpe da ginnastica, se è vero il famoso detto: l’abito non fa il monaco, allora don Roberto Berruti ne è l’esempio perfetto. Nonostante il suo aspetto trasandato, in occasione dell’incontro tenutosi a Villa Sora durante la 124° Festa di Don Bosco, l’attuale cappellano dell’ospedale di Genzano, nonché responsabile dell’oratorio Evviva Maria, dimostra di aver seguito l’esempio salesiano più di molti altri suoi contemporanei. Aiutato da Giacomo e Matteo, due dei tanti ragazzi del suo oratorio con un vissuto alle spalle molto particolare, ci ha raccontato una storia contenente anche eventi considerabili straordinari o miracolosi, ma fatta soprattutto di normalità, miseria, fatica, ragazzi allo sbando e fatti dei quali difficilmente se ne sentirà parlare altrove, forse perché non fanno notizia, o forse perché considerati scomodi dai poteri forti che vogliono convincere le persone benestanti di un benessere collettivo e artificiale.
Si tratta di un’ esperienza molto simile per certi versi a quella vissuta da Don Bosco; la storia di un uomo che è andato sulla strada e si è guardato intorno per vedere quali sono i veri bisogni di questa società. È proprio sulle strade di Testaccio che comincia la nostra storia, su quelle stesse strade dove, ancora oggi, molti giovani abbandonati a se stessi vengono a contatto con gli oratori: è in questo contesto che Roberto, all’epoca studente di ragioneria, frequenta per la prima volta i salesiani, i quali saranno coloro che gli trasmetteranno l’amore per Don Bosco e l’esempio dell’aiuto per i ragazzi.
Così come gli altri ragazzi anche il futuro prete di Testaccio si divertiva a giocare scherzi di cattivo gusto ai salesiani, ma proprio Gigi, uno di questi preti, riesce a dargli fiducia al punto da farsi aiutare da lui per riparare i biliardini dell’oratorio. Questa fiducia ricevuta porterà Roberto a riflettere profondamente e a vedere in Gigi non solo un prete ma anche un amico, un esempio. Una sera, mentre si divertiva a lanciare le sedie nell’oratorio in assenza di sorveglianti, colpirà accidentalmente Gigi, entrato nell’oratorio per vedere che cosa stava succedendo. Ma quest’ultimo non si arrabbierà.
Perché Gigi non lo aveva rimproverato? Perchè continuava a parlare con lui o con Luca, un altro ragazzo problematico dell’oratorio, dal quale veniva sempre trattato male? E perché non si era mai accorto che fosse un prete? Mentre continuava a porsi queste domande, il giovane Berruti deciderà di aiutare veramente i salesiani, cercando di impedire ai ragazzi di rubare le palle del biliardo. Ma neppure questo sarà il gesto che il suo amico prete si aspettava da lui e che alla fine gli consiglierà: giocare con i ragazzi per comprendere cos’è veramente l’amore.
Questi fatti saranno seguiti da numerosi sconvolgimenti nella vita di Roberto: a causa della leva militare, sarà costretto ad allontanarsi da quei luoghi per entrare a far parte dell’areounatica, sebbene continuerà comunque i suoi studi fino a riuscire a “vincere” – lui stesso ammetterà di averlo vinto imbrogliando – il concorso del Ministero delle Finanze e Pubblica Amministrazione. Fidanzato e con la possibilità di avere un buon impiego, il protagonista di questa storia continuerà comunque a sentire un vuoto interiore, non certo colmato dalla sua abitudine di andare a Messa: per la prima volta sentirà il bisogno di confessarsi dopo aver lanciato la cornetta di un telefono a gettoni su un parabrezza, sfondandolo. All’improvviso avvertirà il bisogno di fare le cose come voleva Gigi, fino a sentire il desiderio di diventare prete, scelta non facile che lo porterà a parlare con il suo vecchio amico e a capire che forse era quella la sua vocazione.
Sarà tuttavia un momento di grande confusione nella vita del futuro fondatore dell’oratorio di Frattocchie: tra vergogna e debolezza, ogni fase di questo suo inizio alla vita clericale si rivelerà infatti molto delicato, al punto che lui stesso deciderà di non consultarsi con la sua ragazza, nel timore che quest’ultima riuscisse a farlo desistere. Farà le sue prime esperienze, da lui definite “bellissime ma stringenti”, a Ponte Mammolo e al Quartiere Giostra, ma purtroppo questa felicità non durerà a lungo: verrà mandato via dopo otto anni di questa vita, evento che lo porterà a fare un giro d’Europa con alcuni suoi amici di Testaccio.
Ma fortunatamente, a cambiare il destino di una storia che ha quasi ipnotizzato i ragazzi che ascoltavano, vi è l’incontro con un vescovo della diocesi di Albano, un “salesiano senza targhetta”, grazie al quale riuscirà a prendere di nuovo i voti a Pavona, in un contesto molto particolare: infatti, prenderà gli ordini sotto un tendone da circo. Ma non sarà certo questo a scoraggiare don Roberto, che anzi rimarrà sempre affezionato a questo tipo di tendoni.
Da questo momento in poi la storia di don Roberto si intreccerà con quella del suo oratorio, nato ad Albano, in piazza Mazzini, grazie a un gruppo di ragazzi che si radunava intorno a lui mentre suonava una chitarra. Visto il numero sempre maggiore dei ragazzi, don Roberto decise di comprare un autocarro che diventerà la prima sede del suo oratorio.
Musica, barbecue, un piccolo campo da basket e tavoli da biliardo e ping-pong, il tutto da smontare entro le 21 di sera: l’oratorio di Berruti, sebbene un po’ spartano, iniziava a prendere forma all’interno di quel veicolo, ma ciò non sarebbe durato a lungo: a causa delle lamentele di coloro che abitavano vicino all’oratorio, ben poco interessati alla sorte di quei ragazzi, ma più interessati ad avere a disposizione quella piazzetta dove portare i propri cani a fare i bisogni. I ragazzi di Roberto e quest’ultimo furono costretti ad andarsene.
Sebbene ormai il racconto sembra giungere a un risvolto tragico, ancora una volta un evento inaspettato permetterà a don Berruti di continuare il suo oratorio: è la telefonata di don Giorgio, da Frattocchie, che li invita a rimanere per un pò in una cappellina che quest’ultimo metterà loro a disposizione. Da quel momento in poi il prete di Testaccio cercherà disperatamente una sede permanente per il suo oratorio, cercando addirittura di ottenere l’inutilizzata stazione ferroviaria di Albano (ricevendo però un rifiuto dopo tre anni di trattative). Tenterà quindi di ottenere i territori limitrofi alla cappellina, ma stavolta avrà successo, e così fonderà l’oratorio Evviva Maria.
Oggi non solo l’oratorio è ancora esistente, ma continua ad ospitare un numero sempre maggiore di ragazzi come Giacomo, un giovane di una famiglia cristiana che ha conosciuto don Roberto grazie ad un musical su Don Bosco (personaggio che gli cambierà la vita), e Matteo, un ragazzo che, sempre grazie a un incontro con don Berruti durante una Messa, è riuscito a dare un taglio a un passato pieno di violenza e rancore. Entrambe le storie, anche se con inizi diversi, hanno una morale: non bisogna cadere nella malinconia che gli adulti trasmettono ai giovani, evitare lo sballo (che comunque porta sempre a un punto di saturazione), e seguire sempre la Santità, che non è una cosa apparentemente irraggiungibile, ma l’adempimento al proprio dovere.
Prima di terminare il suo discorso don Roberto è tornato a dare un’ultima e importante testimonianza con il video di un padre che effettua un Triathlon con il figlio disabile e con le immagini di Nick Vujicic, un uomo nato senza gambe e braccia, che ha condiviso la sua esperienza con milioni di persone. La prima storia insegna come sia possibile compiere qualunque cosa con colui che si ama, la seconda che l’esito della nostra vita non dipende da ciò che possiamo fare, ma da ciò che diventiamo.
Con un augurio finale il nostro don Roberto ci ha lasciati: “Portateci nel cuore!” – ha detto- prima di salutarci. Questo è l’augurio che faccio anche a voi che state leggendo, perchè quella che ho raccontato non è una storia utopistica o di fantasia, ma quella di un uomo reale che ha cercato di rincorrere il suo sogno e ci è riuscito, di un uomo che, a suo modo, è riuscito a far tesoro dell’esempio di Don Bosco. Una storia che insegna che coloro che inseguono la propria vocazione sono destinati a vincere.